Le grandi catene di abbigliamento e accessori rinnovano le loro collezioni settimanalmente: quante volte hai notato che un capo adocchiato in negozio è andato esaurito in pochi giorni per lasciare spazio a qualcosa di nuovo? Per non parlare dei prezzi, generalmente molto accessibili per consentire al consumatore di fare acquisti costanti. Tutto questo meccanismo è alla base della Fast Fashion.
Ma quanto costa produrre abiti così velocemente e farli arrivare altrettanto velocemente in negozio? Questa filiera è molto dannosa per l’ambiente, ti spieghiamo nelle prossime righe perché, chi ha a cuore il Pianeta, punta il dito contro questo settore.
Cos’è la Fast Fashion
Dalle passerelle ai negozio, dai trend agli scaffali: il tutto in tempi rapidissimi. Il Fast Fashion ha come caratteristica la sua rapidità di produzione e consumo, a discapito (spesso) della qualità, al fine di garantire una fascia di prezzo medio-bassa.
I danni della Fast Fashion
Ecco i principali danni causati dalla filiera produttiva della moda istantanea:
Sovrapproduzione
La sovrapproduzione è il grande problema della cosiddetta moda veloce: secondo Greenpeace il giro d’affari generato dal comparto tessile moda che era un trilione nel 2002 e 1.8 trilioni nel 2015 diventerà di 2.1 trilioni entro il 2025.
Ogni anno i consumatori acquistano il 60% in più dei capi, la cui permanenza nel nostro armadio è scesa del 50% rispetto a 15 anni fa. Si stima che ogni secondo viene buttato l’equivalente di un camion di spazzatura pieno di vestiti (FONTE: Ellen MacArthur Foundation).
Delocalizzazione
Altra nota dolente è la delocalizzazione: la maggior parte della produzione dei capi che arrivano in queste grandi catene, avviene in paesi come la Cina, l’India o in altri Paesi dell’Asia o dell’Africa, dove non esiste una legislazione in materia di inquinamento del settore tessile. Inoltre la manovalanza è a bassissimo costo e costretta a lavorare in condizioni inaccettabili per qualsiasi altro Paese.
Schiavitù moderna
Questo ci porta al terzo grave problema della Fast Fashion: la schiavitù moderna. Con questo termine molto forte si rimarca la condizione tutt’altro che dignitosa dei lavoratori, costretti a lunghe ore di lavoro sottopagato, in pessime condizioni, senza assicurazione sanitaria e di lavoro minorile. Oggi ci sono oltre 218 milioni di bambini che lavorano nel Mondo: 7 su 10 di questi bambini lavorano nella raccolta di cotone, e una grande percentuale lavora nell’industria tessile.
Danni ambientali
Non da meno i danni sull’ambiente sia nell’aria inquinata dalle ingenti emissioni di CO2 e di GHG dell’industria tessile (tra le più inquinanti al mondo, seconda solo dopo quella del petrolio), che nell’acqua dove vengono riversate le sostanze chimiche impiegate e le micro plastiche generate dal lavaggio dei capi sintetici. Pensa che il 20%dell’inquinamento delle acque mondiali è dovuto alla produzione di abbigliamento.
I danni riguardano anche il terreno a seguito dei numerosi rifiuti abbandonati in discarica che diventano pericolosi soprattutto in caso di roghi, generando gas metano.
Sprechi
I ritmi velocissimi della Fast Fashion genera spropositate quantità di invenduto che finisce in discarica oltre allo spreco dell’acqua richiesto per la produzione dei medesimi (questo spreco è pari al 20% dello spreco globale di acqua!).
Sfruttamento animale
Impossibile (purtroppo) non parlare di sfruttamento animale quando si tratta di moda: ecco perché la scelta cruelty free è un dovere per chi vuole (e si deve!) dare pari diritti agli animali.