La Community del Forum Ufficiale Italiano dei One Direction è stata coinvolta nella stesura della “Migliore One Shot italiana sui One Direction”.
Moltissime le fan fiction pubblicate e che hanno visto come protagonisti Liam, Niall, Harry, Zayn e Louis. Di seguito le vincitrici del contest e i rispettivi lavori “premiati” dallo Staff con “Up All Night – The Live Tour DVD”.
TOO LITTLE TOO LATE di CathLad
Flash back
«Non me lo hai mai detto» seppur stesse parlando la frase apparve come il verso di una vecchia canzone.
Mi spostai una ciocca di capelli dal volto, senza voltarmi. «Avrei dovuto?»
«Immagino di sì.»
Le labbra mi si distesero in un sorriso spontaneo, avrei dovuto dirglielo quindi. «Tu sei sempre stato sincero?» mi difesi, stringendomi nelle spalle.
«Quindi era una ripicca.»
Scossi il capo, sconcertato da quell’insinuazione. Non ero certo quel tipo di persona, doveva conoscermi abbastanza da averlo capito. «Certo che no.»
«E allora perché?»
Una foglia mossa dal vento mi librò davanti al volto, volteggiando a spirale come in una danza. I capelli mi sferzarono in faccia, scaraventati via da una folata. Per un istante vidi solo riflessi biondicci e quando spostai i capelli, riprendendo il pieno controllo della vista, la foglia era già scomparsa, molto probabilmente abbandonata sul terriccio insieme alle altre. «Perché avrei dovuto dirtelo?»
«Ami lui, è una cosa importante, non credi?»
Ruotai su me stesso, in una giravolta molto poco elegante e annuii, sincero. «Dalla prima volta in cui l’ho visto credo.»
«Perché allora?»
«Cosa?»
«Perché quella sera sei tornato da me? Gli avevi promesso non l’avresti più fatto.»
«Dopo avergli detto ti amo è rimasto in silenzio, sapevo che se fossi venuto da te tu avresti risposto.»
«Ma tu non mi amavi» il suo volto era una maschera imperscrutabile.
«No.»
Il ricordo sfumò via rapidamente, lasciandomi solo una sensazione di amaro tra le labbra. Ero stato un idiota, per tutto quel tempo. Spostarmi da un letto all’altro come se non mi interessasse, come se non avesse importanza in quale bocca mi sarei perso o tra quali mani avrei goduto era stato l’errore più grande della mia vita. Non perché il mio nome era ormai uno tra i più noti del paese, non c’entrava niente la popolarità, era stato un errore perché mi ero sotterrato con le mie stesse mani, avevo scavato talmente profondamente che ora uscirne sarebbe stato impensabile. Mi ero allontanato talmente tanto dalla persona che amavo che non sarei più riuscito a raggiungerla.
«Harry?» la sua voce mi bloccò il respiro in gola, il petto si fermò a metà.
Alzai lo sguardo, abbandonando la rivista che tenevo tra le mani e mi persi nei suoi lineamenti decisi, nelle sue iridi scure, nelle sue ciglia lunghe. «Sì?» Era raro mi rivolgesse la parola, ormai da due mesi era raro addirittura riuscisse a guardarmi.
«Mi passeresti lo zucchero?»
Annuii e feci scivolare il piccolo barattolino di vetro sulla superficie liscia del tavolo dell’hotel in cui avevamo sostato quella notte. Arrivò a lui e la sua grande mano lo afferrò al volo. «Grazie.»
«Prego.» Rialzai la rivista e cercai di concentrarmi sugli articoli di gossip, senza naturalmente riuscirci. La sua presenza mi rendeva nervoso, confuso e triste. Il suo sorriso spento, i suoi occhi cerchiati dalle occhiaie non facevano altro che ricordarmi quanto lo avevo ferito.
«Gli altri dove sono?» mi chiese dopo alcuni secondi, sorprendendomi.
Chiusi definitivamente la rivista e la lasciai su una sedia libera del tavolino. «Sono usciti presto.»
«Ci hanno lasciati qua come due deficienti» il suo tono acido mi fece comprendere quanto gli facesse male trovarsi in mia presenza.
«Non hai da fare niente oggi?»
Inarcò un sopracciglio, scettico. «No.»
«Capisco.»
«Tu?» girò il cucchiaino nella tazzina lentamente, senza abbandonare con lo sguardo acceso il mio viso.
«No.» Sospirai e cambiai posizione, portai le mani sul ventre e intrecciai le dita. «Zayn?»
«Sì?»
«Vuoi fare qualcosa -lasciai una breve pausa, incerto se continuare o meno- insieme?»
Sbatté i palmi talmente tanto forte sul tavolo che anche la gente seduta nell’altra sala si voltò spaventata nella nostra direzione. «Cosa non ti è chiaro di “stammi alla larga”?!» la sua voce non aveva raggiunto toni così alti nemmeno il giorno in cui mi aveva trovato nel letto di Louis, sudato e ansante. «Vaff******!» si alzò e se ne andò, mollando la colazione ancora intatta.
Flash back
La pioggia quel pomeriggio scrosciava forte contro le finestre della nostra camera d’albergo dandoci un motivo in più per non uscire.
Zayn si avvicinò a me a passo cadenzato, scese dal letto nel quale avevamo appena consumato il nostro amore e mi cinse la vita con le braccia lunghe. «A cosa pensi?»
Ruotai il capo in modo da poterlo guardare e sorrisi quando notai i suoi amati capelli sconvolti. «A noi.»
«Sono curioso ora» ammise, posando le labbra morbide su una mia spalla, in un bacio sottile.
Ridacchiai e posai una mano sul davanzale interno della finestra, mentre con l’altra scostai la tendina in modo da mostrare i nuvoloni grigi. «Ti amo.»
«Pensavi a questo?» chiese serio. Non era certo quella la risposta che mi sarei aspettato, lo avevo immaginato diversamente quel momento, fin da bambino. Il giorno in cui avrei aperto il mio cuore alla persona amata quella avrebbe dovuto rispondermi sorridendo, con gli occhi lucidi e le labbra gonfie “ti amo anche io”.
«Sì, perché?»
Fece spallucce e mi morse la pelle elastica della spalla. «Così.»
Il cuore mi si spappolò tra le costole e mi sciolsi dall’abbraccio, non riuscendo a far finta di nulla. Lo guardai e sospirai. I suoi occhi grandi mi fissavano confusi. «Vado un attimo a prendere una boccata d’aria.»
«Con questa pioggia?» sbarrò gli occhi e poi li fece scorrere sulla mia figura, da capo e piedi. «Nudo?»
«Sì» senza aggiungere altro uscii dalla nostra stanza e mi recai in quella accanto, quella del ragazzo che per due anni era stato la mia colonna portante, il sole delle giornate più buie e la pioggia di quelle più assillanti.
Aprii sapendo già avrei trovato la porta aperta e vi entrai, trovando Louis coricato sul suo letto. «Lou?»
«Mh?» la sua voce gracchiante mi fece barcollare il cuore. Aprì un occhio celeste e me lo puntò addosso, dopodiché si morse un labbro. «Che succede?»
«Ti amo» dissi, procurandomi una fitta tra le costole.
Anche l’altra palpebra scattò in alto e finalmente potei assaporare appieno la dolcezza del suo sguardo. «Anche io.»
Ed era quello che volevo sentire, quello che aspettavo da una vita e che mi era mancato per così tanto tempo. L’unica mancanza era sentirmelo dire dalla persona sbagliata, da quella fidanzata che trovava pace nel mio corpo la notte e che la mattina mi abbandonava per dedicarsi ad altro.
«Grazie.»
Con il cuore pulsante e le mani tremanti mi lasciai andare ai piedi del letto. Mi sedetti sul pavimento gelato e portai le ginocchia accanto al petto, abbandonandoci nel mezzo il volto bagnato. Piansi credo per molto tempo, perché ad un tratto la gola cominciò a bruciare.
«Harry?» ancora lui, la sua maledetta voce dietro la porta chiusa.
Mi asciugai alla meno peggio le guance e mi sgranchii le gambe, distendendole in avanti. «Sì?»
«Ti si sente piangere fino alla mia camera, la smetti? Mi dai fastidio.»
Annuii, come se mi potesse vedere e tacqui. Non avevo intenzione di rispondere, lo avrei soltanto irritato nuovamente. Mi alzai in piedi e cercai di riprendere il controllo della respirazione. Un singhiozzò mi partì dal ventre, scomparendo nell’aria pesante della camera. Le lacrime sembravano infinite, più le scacciavo più quelle aumentavano.
«Ca**o Harry scusa, puoi piangere se vuoi.» Altro silenzio, un sospiro spazientito. «Dimmi solo se stai bene, okay?»
Mi pulii una guancia, ma arrivò subito un’altra goccia a rigarla. Feci per correre in bagno, quando la porta si spalancò, mostrandomi uno Zayn furioso, coi pugni stretti e le sopracciglia aggrottate. «Ma mi rispondi deficiente?!»
Il mento mi rotolò verso il collo e le lacrime si fermarono, come per magia. «Sto bene.»
Spalancò gli occhi nocciola e si avvicinò a me, indicandomi con l’ indice affusolato. Si fermò solo quando la falange del dito non si scontrò contro il mio petto. «Sei proprio un coglione, te l’hanno mai detto?»
«Sì.»
Sbuffò e si portò i palmi in faccia, esasperato. «Perché piangevi?»
L’idea di non rispondergli non mi balenò neanche per un attimo nella testa, lo avrei soltanto fatto arrabbiare maggiormente, ma non potevo dirgli che mi mancava, che volevo tornasse con me. Che era la cosa più bella che mi fosse capitata nella vita. «Mi dispiace.»
«Perché ti dispiace?» un sorriso amaro si impossessò della sua bocca perfetta. «Per avermi tradito? Per avermi mentito? Per cosa? Sentiamo.»
«In cosa avrei mentito?» Non avevo mantenuto la promessa, ma non avevo mentito.
«Hai detto che mi amavi, dopo nemmeno venti minuti eri nel letto di Louis, non ti sembra una bugia?» i suoi occhi si rabbuiarono sempre di più, finché al nome “Louis” si chiusero definitivamente.
«No» scrollai il capo, confuso. «Sei tu ad avermi preso in giro! Mi hai fatto scegliere, ho scelto te perché ti amavo e poi nemmeno ricambiavi!»
Aprì gli occhi e quelli mi trucidarono. «E chi te l’avrebbe detto eh? Chi ti ha mai detto che non ti amo?» l’uso del presente mi mozzò il respiro. Lui mi amava ancora?
Incatenai le sue iridi bollenti alle mie. «Perché quel giorno in cui ti ho rivelato d’amarti, tu non hai risposto?»
«E’ questo?» sussurrò, come se gli mancasse improvvisamente la voce. A lui, il cantante migliore dei One direction. «Per questo ci sei andato a letto?»
«Lui mi amava, lui me lo diceva continuamente.»
«E tu lo amavi? Lo ami?»
Abbassai lo sguardo, perché il suo era ormai divenuto troppo da sopportare. «No.»
«Io ti amo, ti ho sempre amato Harry, ca**o» con le dita si scompigliò i capelli, cosa che non aveva mai fatto. «Non ti ho risposto solo perché non mi sembrava il caso, non volevo pensassi ti avessi risposto solo per accontentarti, ma ti ho sempre amato. Credimi.»
L’argine con il quale avevo bloccato tutti quei sentimenti tristi ed infelici si frantumò completamente sotto il peso delle sue parole e mi sentii avvolgere da un fiume di rammarico e dolore che nemmeno pensavo potesse appartenermi. Lo avevo ferito come mai avevo fatto con qualcuno, lui, il mio primo amore, lo avevo schiacciato senza ritegno.
Altre lacrime presero a rigarmi le gote, ma questa volta non ci provai neppure a fermarle. Le lasciai scorrere prepotenti sul viso, per ripulirmi da tutto quel male che gli avevo procurato.
Zayn rimase dinanzi a me a guardarmi, con le braccia abbandonate lungo i fianchi e gli occhi gonfi. Non mi avrebbe abbracciato, non lo avrebbe fatto mai più.
«Ma ormai è troppo tardi, non credi?» pronunciò all’improvviso, flebilmente. «E’ finita.»
Chi ha mai detto che non è mai troppo tardi? Chi è così cieco e stupido da pensarlo davvero?
Ci sono delle situazioni che purtroppo non si possono riparare, non siamo in grado di tornare indietro.
«E’ troppo poco ora, il mio amore?» domandai, tra i singhiozzi.
Con due dita mi carezzò un braccio, dolcemente. «E’ troppo poco ed è troppo tardi. Ma non è finita, troveremo qualcun altro capace di capirci e amarci come meritiamo.»
Per noi era troppo tardi, era troppo poco. Niente avrebbe risanato la situazione, i nostri sentimenti erano stati fuoco ardente in una giornata soleggiata, ma ora si stavano spegnendo, sotto una pioggia che nemmeno un ombrello grande come il cielo avrebbe potuto salvare.
A volte, si sbaglia. E quando è troppo poco ogni tuo sentimento, ogni tua azione, quando è troppo tardi ogni tuo gesto o parola allora non puoi far altro che perdere.
Non siamo in grado di tutto, non siamo abbastanza forti. Perdiamo, piangiamo e manchiamo.
Non siamo creature infallibili, non abbiamo tutto il tempo di questo mondo.
Dobbiamo farci bastare il nostro tempo, la nostra vita, ma a volte non basta. A volte è troppo tardi, è troppo poco.
Le sue labbra si arcuarono, come ormai da due mesi avevano smesso di fare. «In un altro mondo noi due ci stiamo amando, pensa a questo. Se qui è troppo tardi altrove non lo sarà mai.»
DON’T WANNA BE WITHOUT YOU di Sara Liburdi (Layla_)
Close the door
Throw the key
Don’t wanna be reminded
Don’t wanna be seen
Don’t wanna be without you
My judgments clouded
Like the night sky
Hands are silent
Voice is numb
Try to scream out my lungs
It makes this harder
And the tears stream down my face
La mia mano scorreva veloce sul foglio di carta stropicciato, alcune parole erano illegibili a causa delle lacrime che continuavano a cadere dalle mie guance mischiandosi all’inchiostro della penna. Scrivere, ormai era l’unico mezzo che mi era rimasto per ricordare, per ricordarla. Non riuscivo a capacitarmi del fatto che lei non fosse più con me, mi mancava tutto: la sua risata, il suo passarsi una mano tra i capelli disordinati, il suo mordersi le labbra quando era nervosa, come le sue guance prendevano colore ogni volta che la baciavo e come poi abbassava lo sguardo negando tutto. La malattia le aveva portato via tutto. Mi aveva portato via tutto.
La notizia me la dette lei stessa, “Non posso uscire con te e i ragazzi domani, sto male, devo fare una visita” ricordo che mi disse, quando poi tornai a casa nel pomeriggio, dopo le prove, la ritrovai seduta sui gradini davanti la mia porta, si teneva la testa tra le mani piangendo, corsi pensando le servisse aiuto e quando le chiesi spiegazioni lei alzò semplicemente lo sguardo guardandomi negli occhi e con una sola parola, spazzò via la mia felicità per sempre. “Leucemia”
Come può una sola parola causare così tanto dolore? solo al sentirla il mio cuore perse un battito e il mondo mi crollò addosso.
Ho vissuto la sua malattia quasi quanto fosse la mia, e Dio solo sa quanto abbia voluto dare la mia vita per la sua, era troppo buona, perchè doveva andarsene proprio lei? come avrei fatto senza di lei?
Avevo bloccato l’uscita del nostro terzo cd, non avevo tempo da sprecare, dovevo stare con lei ogni secondo, non potevo perdermi neanche un minuto, perchè non avrei mai potuto sapere quale sarebbe stato l’ultimo.
Quando iniziò a perdere quei lunghi capelli che tanto amavo e che avevo accarezzato così tante volte, il mio ottimismo svanì. Sapevo che era colpa della chemio e non della malattia spesso, ma in quel momento mi resi conto che quella malattia non lasciava scampo, ed ogni notte iniziai a pregare per un miracolo.
Un giorno i dottori decisero che non c’era più niente da fare e decisero di dimetterla, io non volevo rinunciare, non potevo davvero perderla, dov’era Dio in quel momento? Perchè mi stava abbandonando? Non ero mai stato un bravo cristiano è vero ma Emily era dolce, sensibile, non aveva mai fatto niente di male.
Lei, lei affrontava la malattia a testa alta, come ha sempre affrontato la vita.
L’unico momento in cui l’ho vista disperarsi è stato a casa sua, non aveva neanche la forza di piangere eppure un paio di lacrime scesero ugualmente dai suoi occhi che io prontamente asciugai. Mi confidò di aver paura, che aveva ancora così tante cose da fare, voleva sposarsi, avere dei figli e una casa in campagna.
Così mi fece un pò di spazio e mi allungai accanto a lei, tenevo il suo fragile corpo tra le mie braccia. “Chiudi gli occhi adesso insieme a me” le dissi “focalizza una casa in campagna, dipingila come vuoi, io ci metterei anche un bel recinto bianco tutt’intorno ed un giardino di rose. Adesso mi vedi? Ci sono io sono appena tornato dal tour e tu mi stai abbracciando, ti sono mancato. I nostri tre figli corrono ad abbracciarmi e mi fanno vedere quello che hanno imparato mentre non c’ero..”
Tenevo gli occhi chiusi sforzandomi di non piangere, sentivo però le sue bagnarmi il braccio con cui la stavo stringendo. “Come fai ad amarmi in questo stato?”
Mi chiese indicandosi “Di cosa stai parlando? Sei bellissima.” Se fosse stata in forze in quel momento avrebbe arrossito, abbassato lo sguardo e mi avrebbe detto di stare zitto, invece si limitò a sorridere stanca e richiuse gli occhi lasciandosi andare sul letto.
“Cantami qualcosa.” Senza opporre troppa resistenza iniziai ad intonare “You are so beautiful” , lei riaprì gli occhi e mi sorrise “Amo la tua voce Liam” la strinsi mordendomi il labbro inferiore fino a farlo sanguinare. “Io amo te Emily, ti amerò per sempre”.
Il giorno dopo mi alzai come mio solito alle 6 per andare da lei, ma non appena misi piede in salotto notai mia madre guardarmi con espressione affranta tormentandosi le mani, iniziai a capire che era successo qualcosa. “Dove vai?” mi chiese. “Da Emily..” lei sospirò e si morse il labbro “Non la troverai, è morta stanotte nel sonno, mi ha appena chiamato sua madre”. Quello fu il momento esatto in cui il mio cuore smise di battere. E non battè mai più. Il funerale fu uno strazio, tutti piangevano e io guardavo la scena con occhi vitrei già senza vita, perchè la mia vita lei l’aveva portata via con sè. Gente che non conoscevo che si avvicinava a darmi le condoglianze e persone che mi guardavano ovunque io andassi con compassione, non avevo bisogno della loro compassione, la loro compassione non mi avrebbe riportato lei. La notte non riuscivo a dormire sentivo il suo corpo vicino al mio anche se sapevo che si trovava ben lontano, già sotto terra coperto da metri di terra e con sopra una triste lapide grigia con la sua foto sorridente. Così iniziai a scrivere una canzone, i ragazzi avevano capito che avevo bisogno di una pausa e non mi fecero alcun tipo di pressione, però io sentivo il bisogno di scrivere quella canzone per lei, così ovunque lei fosse stata, mi avrebbe sentito e avrebbe capito quanto ancora la amassi.Finii la canzone in pochi giorni, la cantai chiuso nella mia camera che ormai lasciavo solo per andare in bagno, ma non riempì il senso di vuoto che provavo. Così presi una drastica decisione.
Volevo stare con lei, per sempre, e ci sarei stato. La vita per me ormai non aveva più senso, i soldi non fanno la felicità, mi resi conto della verità di quella frase in quei giorni senza di lei. In piena notte presi dall’armadietto dei medicinali dei sonniferi di mia madre, uscìi di casa e guidai fino al cimitero con le lacrime che scorrevano sul mio viso, scavalcai il cancello a fatica e raggiunsi la sua lapide, qui, guardandola negli occhi attraverso la fotografia, ingerii tutte le pasticche di mia madre con dell’acqua che avevo portato appositamente e mi accasciai accanto a lei sull’erba fredda. Dopo alcuni minuti la mia vista iniziò ad appannarsi fino all’arrivo del buio più totale.
Quando Louis Tomlinson entrò in casa del suo amico alcuni giorni dopo la sua morte per aiutare sua madre a mettere i suoi oggetti personali negli scatoloni, trovò per terra un foglio stropicciato e riconobbe la grafia di Liam, lesse il testo della canzone e lo fece leggere anche ad i suoi amici. Il giorno dopo i One Direction diedero un concerto in onore di Liam e Emily, cantarono una nuova canzone intitolata “Moments”, in modo che tutti potessero capire quello che aveva provato Liam e in modo che smettessero di giudicare il suo gesto considerandolo avventato e stupido, mentre cantavano dietro di loro sul maxi schermo, scorrevano le foto di Liam e Emily, le fan piangevano in religioso silenzio, alla fine della canzone i quattro si abbracciarono consolandosi a vicenda, qualche fan ha giurato di aver sentito la presenza di Liam sul palco e quella di Emily tra la folla ad applaudire. Comunque sia quella fu l’ultima volta che i One Direction si esibirono insieme.