Alla luce dei recenti e spiacevoli fatti verificatisi in relazione al gioco indetto da Team World per regalare la possibilità a 150 fans dei One Direction di partecipare ad un programma televisivo a Roma, che hanno portato alla sofferta decisione dell’organizzazione di sospendere il gioco, su richiesta di Marco Morini sono a esprimere alcune considerazioni sui profili di rilevanza giuridica della vicenda.
I social network sono strumenti molto potenti, che permettono ai fruitori di condividere pensieri, emozioni, opinioni, anche negative, su qualsiasi argomento e in qualsiasi momento.
Per un certo verso, i social network possono essere considerati la moderna espressione del principio, costituzionalmente garantito, della libertà di pensiero e del diritto di critica.
Ciò, ovviamente, nei limiti, in cui non si determini una lesione di altri beni giuridici tutelati.
Un uso scorretto o anche solo superficiale dei social network può avere, pertanto, ripercussioni, anche gravi, in termini di responsabilità civile e/o penale.
Partendo dalle conseguenze più serie e prendendo spunto dalle condotte tenute da alcuni fans nel caso di specie, evidenzio come uno dei reati più comuni, che possono essere commessi attraverso i social network, sia la DIFFAMAZIONE.
L’articolo 595 del Codice Penale punisce la condotta del soggetto che “comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione”.
Tale comportamento è punito con la reclusione fino ad un anno e con la multa fino ad Euro 1.032,00.
La diffamazione può essere anche AGGRAVATA e ciò accade nel caso in cui l’offesa all’altrui reputazione sia arrecata “con il mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità”.
Preciso che, rispetto a fatti compiuti attraverso i social network (in particolare attraverso Facebook) la Corte di Cassazione ha ritenuto di ravvisare sempre la fattispecie aggravata, poiché la particolare diffusività del mezzo usato per propagare il messaggio denigratorio – paragonabile a quella della stampa o di altro mezzo di pubblicità – rende l’autore meritevole di un più severo trattamento penale.
Infatti, il reato di diffamazione aggravata viene giudicato innanzi al Tribunale (e non davanti al Giudice di Pace) e la pena prevista in caso di condanna è più severa: reclusione da sei mesi a tre anni o multa non inferiore ad Euro 516,00.
Affinchè sia integrato il reato di diffamazione occorre che l’offesa dell’altrui reputazione venga comunicata a più persone, ad esempio, in casi come quello che ci occupa, attraverso la “pubblicazione sulla bacheca” delle parole offensive.
Occorre prestare attenzione al fatto che può essere considerata “offesa” non solo l’utilizzo di “frasi pesanti”, dal contenuto oggettivamente denigratorio, bensì anche l’attribuzione ad un soggetto di fatti non veri, anche solo mediante allusioni o insinuazioni.
Nel caso di specie, l’accusa rivolta a Team World e a Marco Morini di aver agito in mala fede, falsificato un gioco o di aver venduto (e non regalato) alcuni inviti per la trasmissione di Roma, è chiaramente diffamatoria.
Perché si configuri la diffamazione non è necessario scrivere nome, cognome, generalità della persona, che si vuole offendere: è sufficiente che il diffamato sia chiaramente individuabile attraverso altri elementi.
Da ultimo, appare opportuno specificare perché si possa configurare il reato che è sufficiente la volontà di riferire informazioni false /utilizzare espressioni offensive con la consapevolezza (non la certezza) di poter offendere l’altrui reputazione.
Ricapitolando, anche in termini generali, la pubblicazione di frasi offensive, battute pesanti, notizie la cui divulgazione provoca pregiudizi, foto denigratorie, che possono avere effetti negativi, anche potenziali, sulla reputazione della persona offesa possono integrare gli estremi del reato di diffamazione.
Le conseguenze della commissione del reato non si fermano (come se ciò non bastasse) alla condanna in sede penale.
Da un punto di vista civilistico, l’articolo 2043 del Codice Civile prevede che “qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.
Sicuramente a seguito di una condanna in sede penale, ma anche a prescindere dalla stessa, la persona offesa ha diritto ad agire giudizialmente nei confronti del diffamatore per ottenere il risarcimento di tutti i danni subiti in conseguenza dell’offesa: dal danno all’immagine, al danno non patrimoniale per le ansie e lo stress procurato, ecc. …
Appare opportuno evidenziare che anche i minori possono essere processati in sede penale dal Tribunale per i Minorenni e che le conseguenze del fatto in termini risarcitori ricadrebbero sui genitori esercenti la potestà genitoriale.
Alla luce di quanto sopra esposto, è evidente come la recente vicenda, che ha colpito Team World presenti diversi profili di attinenza con la tematica della diffamazione, rispetto alla quale la mia assistita sta valutando la possibilità di tutelare i propri interessi davanti alla competente autorità giudiziaria.
Avv. Elisa Crippa